Antologia Critica

VITTORIO SGARBI

La potenza creativa della forma, testo introduttivo del catalogo Angelo Bozzola, opere, edito da Fondazione Angelo Bozzola, Novara 2010

Radici contadine e respiro cosmopolita. Queste sono le caratteristiche digitali delle opere di Angelo Bozzola. Ciò è testimoniato anche dalle sue numerose e prestigiose esposizioni non solo nella terra d’origine, il novarese e, nello specifico, Galliate, -cittadina che ha allestito all’interno delle mura del suo castello un museo dedicato all’artista -, ma anche in Giappone (Tokyo, Kyoto, Osaka) e in Francia, a Parigi.

Le sue opere stabiliscono un dialogo originale tra astrattismo e concretismo. Da cui deriva uno stile personale basato sullo studio matematico e anche volumetrico dei colori, delle forme e dei materiali. Le sue creazioni si riconoscono nel l’astrattismo, negandosi alla riproduzione oggettiva della realtà, per consegnarcene ad una rappresentazione geometrica e creativa, sempre guidata da una considerazione attenta e rigorosa dei rapporti cromatici e formali.

In Bozzola, tuttavia, non c’è mai il rifiuto della natura. Al contrario vi è una sorta di esaltazione della natura stessa, nella quale nasconde una oscura potenza generatrice. È da lì che estrae le sue forme, come matrici dell’essenza intrinseca al reale. In questo passaggio concettuale l’astrattismo comunica con il concretismo. In tal modo è l’opera stessa che concorre a costruire il reale. Si tratta di un processo. È un percorso che interpreta in modo stereofonico la percezione visiva, trasformandola in un gioco di echi e di risonanze. Sonorità che si materializzano attraverso l’allontanamento dalla realtà e il ricongiungimento ad essa per forza creatrice della mente e della mano dell’artista.

Alla verifica delle avanguardie cui derivano i pensieri e le opere di Bozzola, si riconoscono affinità espressive con il costruttivismo, il suprematismo e il neoplasticismo.

È dunque la costante mutevole cadenza con cui la realtà viene trasformata e rivisitata rimanda agli accordi costruttivisti, che affiorano sia dalla tecnica di lavorazione dei metalli, sia dalla convinta funzione sociale riconosciuta all’arte. Congeniali all’esposizione delle sue creazioni, infatti, sono i luoghi pubblici, all’aperto (parchi, piazze, zone pedonali o monumentali).

Le note della poetica suprematista affiorano dalla sensibilità plastica di cui sono intrise non solo le sue sculture, ma anche le sue pitture, dove convivono materiali diversi e dove il colore concorre a tracciare bassorilievi materici o anche semplicemente ottici.

La crescita algoritmica delle forme, gli intervalli e la com(penetrazione) tra gli spazi interni e quelli esterni rimandano, invece, alle sinfonie del neoplasticismo, che celebra, anche, il connubio, l’unione, l’assonanza e la comunione delle arti. Le sue tele, le sue strutture e le sue sculture sono sempre, in ogni caso, il frutto della combinazione di una serie di elementi materici elementari, associati secondo principi matematici. In questo modo la ricerca geometrica ed estetica diventa costruzione filosofica. È così che Bozzola scopre la sua forma originale e primigenia. La chiama monoforma. È la matrice primordiale che gli permette di approdare a un’infinità di soluzioni pittoriche e plastiche.

La ripetitività della monoforma serba in sé una potenza generativa illimitata. Attraverso le traslazioni, le rotazioni, le similitudini, le rivoluzioni e gli spostamenti simmetrici della forma primitiva gli è consentito passare dalla pittura alla scultura e, metaforicamente, dal finito all’infinito. La monoforma, infatti, è definita, limitata e delimitata, ma, nel contempo, si tras(forma). Si autoriproduce e s’immerge in un flusso magmatico animato dal ritmo e dall’armonia che emergono dal connubio delle leggi algebriche con quelle geometriche. Nascono così la sue opere, figlie della potenza logica e astratta della geometria analitica: il calcolo si fa visione e le equazioni scolpiscono lo spazio.

In un’ottica prettamente speculativa Bozzola effettua una riflessione etica ed estetica sui concetti di tempo e di spazio.

Il tempo si perpetua nell’eterna possibilità ripetitiva della monoforma e da finito diventa infinito, per poi, risolversi nuovamente nella compiutezza di un’opera concreta, che tuttavia, continua a tendere verso l’inesauribile gamma delle sue potenzialità riproduttive.

E, analogamente, lo spazio si fa forma. Forme che delimitano gli spazi. Sculture aeree che scolpiscono la materia. Il vuoto acquista la medesima dignità della massa e i confini sono semplicemente tracciati, funzionali a donare allo sguardo il disegno di uno spazio mutevole, che cambia a seconda della prospettiva scelta nella visione. Tempo e spazio si muovono all’unisono, interagendo a un ritmo dialettico. Ciò conferisce alle opere dell’artista novarese un sapore arcano.

Per gustare a fondo il mistero che avvolge le sue strutture occorre, comunque, decifrare il linguaggio artistico da lui elaborato. Si tratta di un idioma costruito su basi lessicali in granito e in colori a olio, in rame e ottone, in plexiglass e in ferro, strutturato su schemi sintattici modulari e coordinato da studi semantici analitici. Ma l’opera omnia di Bozzola è, soprattutto, il coraggioso tentativo di accostarsi ai confini indefiniti della razionalità e della logica matematica, per cogliere il segreto che avvicina l’uomo all’infinito (sempre circoscritto in un insieme finito) delle potenzialità espressive. È proprio la sintesi di questa apparente antitesi che incanta e che apre l’accesso alla dimensione immaginativa, paradossalmente agevolata da calcoli rigorosi e da operazioni numeriche. È noto, del resto, che il numero nelle società antiche aveva una valenza sacra. E allora le creazioni di Bozzola possono essere considerate, a pieno titolo, delle manifestazioni totemiche della nostra contemporaneità. Non è un caso che gli ambienti naturali – accanto agli alberi, vicino alle pozze d’acqua, sulle distese d’erba – e le aree monumentali costituiscano le scenografie che più si addicono alle sue sculture. È lì, del resto, che circolano sia le forze della natura, sia le energie liberate dalla memoria storica.

Vittorio Sgarbi

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